Il clangore dell’ultima campanella, il corridoio che si svuota, le luci che si spengono una a una. Per gran parte degli studenti è la routine di fine giornata; per gli alunni con disabilità quell’interruttore segna l’inizio di un territorio incerto, spesso privo di tutele e di sguardi attenti. «Non può finire così», avverte Gesualda Finizio, presidente di Planet of Diversity ODV, mentre ripercorre la memoria di un’infanzia trascorsa fianco a fianco con la madre–musa, Anna Napoli, storica insegnante di sostegno.
«Mia madre diceva ai colleghi: “Non limitatevi a sorvegliare questi ragazzi. Custoditeli, renderli importanti. Un diploma–scaldabanchi può trasformarsi in orgoglio se dietro c’è autostima”.»
Per Anna Napoli la ricetta era elementare quanto rivoluzionaria: mani nell’impasto con il metodo Montessori, profumo di pane appena cotto e pizzette per tutti, il venerdì. «Quelle pizzette sembravano poco», ricorda la figlia, «ma regalavano alle famiglie il lusso di un figlio che rientrava a casa sorridendo, non rinchiuso dietro quattro mura». Eppure, una volta compiuti i diciotto anni, la fiaba si interrompe: docenti di sostegno addio, terapie interrotte, genitori – spesso già sulla soglia dei cinquanta – senza garanzie né reti di soccorso.
Planet of Diversity intende spezzare questo copione. Il progetto in cantiere — “laboratori di realtà inclusive” — punta a offrire spazi di studio, arte e lavoro intrecciati, collegati con Comuni, imprese sociali e fondi europei: non centri-parcheggio, ma fucine di talenti in cui la diversità diventa valore aggiunto. «Non chiediamo pietà», chiarisce Finizio, «ma alleanze intelligenti. Logopedia, ABA, psicomotricità devono essere garantite fin da piccoli, mentre a mamme e papà va assicurato sostegno psicologico e la certezza che qualcuno li affiancherà anche domani».
L’appello riecheggia il mantra di Anna Napoli: «L’unione fa la forza». Se la democrazia ha un senso, è quello di consegnare gli stessi diritti a ogni figlio, disabile o meno. Ecco allora la chiamata alle armi (civili) di Planet:
Perché in gioco non c’è solo la vita dei ragazzi con disabilità; c’è la tenuta emotiva delle loro famiglie, il diritto di un padre o di una madre di invecchiare sapendo che il figlio avrà un posto nel mondo. «Restituire dignità», scandisce Finizio, «significa dire ad alta voce che la diversità è ricchezza e che la vita — qualunque forma assuma — ha valore per tutti».
Il corridoio, intanto, si è svuotato del tutto. Rimane, nell’aria, l’eco dei tamburi improvvisati di un ragazzo autistico che picchiettava il corrimano, trasformandolo in jazz. Quel ritmo leggero potrebbe diventare, domani, la colonna sonora di una vita piena. Ma solo se — come insegnava Anna Napoli, e come oggi ribadisce Planet of Diversity — sapremo difendere il diritto di ogni studente, di ogni famiglia, di ogni diversità, a sentirsi importante. Per sempre.
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